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GEOFISICA DEI CAMPI FLEGREI

a cura di Carmen MILONE

Introduzione

I Campi Flegrei sono stati da sempre un sito molto particolare per la loro natura morfologica. Se immaginiamo di guardarli dall’alto possiamo osservare una moltitudine di depressioni ed ondulazioni che si intervallano con molta armonia, sembrerebbe infatti di osservare un paesaggio lunare: in realtà queste forme cosi variegate sono dovute ad oltre 50 centri eruttivi. Sicuramente la curiosità più evidente è quella di capire perché si sia giunti a delle strutture così articolate. Una prima risposta a questa domanda può essere trovata senz’altro nella natura vulcanica del sito, ma analizzando la questione più in profondità possiamo comprendere facilmente che dietro questa scena così armoniosa vi siano una serie di parametri fisici che regolamentano l’attività vulcanica. Siccome si parla di caratteri fisici legati alla geologia di questo territorio si parlerà di geofisica dei Campi Flegrei.

La geofisica è in generale una scienza in cui si applicano metodi della fisica per dedurre strutture e proprietà (densità, suscettività magnetica, moduli elastici, ecc) del sottosuolo mediante misurazioni in superficie. Mediante l’analisi e la correlazione di questi parametri sarà possibile poter dare una descrizione più completa dei Campi Flegrei (FIGURA 1).

vulcani Campi Flegrei
Figura 1: Mappa dei Campi Flegrei che indica la presenza di tanti crateri
(da www.on.ingv.it)

Altitudine e reti geodetiche

I diversi elementi dei Campi Flegrei sono caratterizzati da differenti altitudini rispetto al livello del mare. Questo comprensorio, vasto circa 150 km2, è delimitato a Nord-Ovest dal promontorio di Miseno la cui altitudine è di 167 metri ed a Sud-Ovest dall’isoletta di Nisida la cui altitudine è di 109 metri. Tra questi due elementi si estende il golfo di Pozzuoli con un livello altimetrico oscillante a causa del bradisismo. Proprio come un paesaggio lunare notiamo diverse zone depresse (antiche caldere) dovute all’attività vulcanica del sito: alcune sono state riempite di acqua formando, ad esempio, il lago d’Averno, altre, come la Solfatara, sono l’espressione dell’attività vulcanica che si manifesta mediante le fumarole. Il Monte Nuovo è un altro edificio vulcanico dall’altitudine di 120 metri che è situato fra Pozzuoli e Baia (figura 2).

foto satellitare Campi Flegrei
Figura 2: Fotografia satellitare dei Campi Flegrei (da www.on.ingv.it)

Le caratteristiche fisiche di un sistema così complesso vengono registrate attraverso diversi strumenti geofisici che acquisiscono i dati di latitudine, longitudine, altitudine, deformazione del suolo, misure di gravità, variazioni del livello marino, sismicità.

Gli strumenti si trovano in particolari punti fissi della zona flegrea e formano, dagli anni ’60, diverse reti geodetiche che aggiornano continuamente gli studiosi sullo stato naturale della zona. Infatti il funzionamento del sistema di monitoraggio geodetico è reso possibile da un’acquisizione continua di dati. Ad esempio nei campi flegrei esistono 20 reti gravimetriche ed 8 stazioni GPS.


La deformazione del suolo e la gravimetria

La deformazione del suolo può essere causata da diversi fattori come ad esempio microsismi o la variazione della velocità di subsidenza. Le deformazioni vengono studiate mediante l’uso di tacheometri e di livelle, che servono a misurare le variazioni di altitudine in diversi punti. Le diverse misure hanno evidenziato che negli ultimi anni vi è stato un leggero abbassamento del suolo lungo la fascia costiera e lungo via Campana dovuto ad un piccolo incremento della velocità di subsidenza. Anche le variazioni del livello del mare sono trascurabili tanto da indicare una certa stabilità del suolo 

Lo studio delle deformazioni del suolo, viene integrato con quello della gravimetria che misura l’accelerazione gravitazionale in diversi punti. La gravimetria viene usata per monitorare il movimento delle masse magmatiche e la presenza di cavità. Al centro del golfo di Pozzuoli sono state registrate anomalie gravimetriche negative, mentre nei pressi di Ischia e Procida sono state registrate anomalie gravimetriche positive. Le anomalie negative sono dovute al collasso calderico con conseguente caduta gravitativa delle rocce circostanti ; le anomalie positive sono dovute all’inserimento di magma all’interno delle fratture (faglie) createsi dopo la formazione della caldera (Figura 3).

schema caldera
Figura 3: Schematizzazione di una caldera con corrispondenti anomalie gravimetriche

Negli ultimi anni non ci sono state significative variazioni di gravità se non nell’area del Serapeo di Pozzuoli, dove ne è stata registrata una diminuzione. 

L’analisi di questi primi due parametri fisici (deformazione del suolo e gravimetria) ci può dare una prima significativa descrizione morfologica dell’area flegrea che tendenzialmente risulta stabile.


📒 GLOSSARIO:

GPS = Global Position System, strumentazione che misura latitudine e longitudine di un punto sulla terra, servendosi del segnale inviato via satellite.

Subsidenza = lento abbassamento di una parte della crosta terrestre dovuto al carico della stessa massa rocciosa.

Tacheometro = strumento a cannocchiale destinato alla misura rapida degli angoli, dei dislivelli e delle distanze nei rilievi topografici.

Livella = strumento usato per verificare l’orizzontalità di un piano.

La magnetometria - Il bradisismo - La sismica

La magnetometria

La magnetometria è una metodologia geofisica che si basa sullo studio delle anomalie magnetiche. Queste sono dovute alla variazione di suscettività magnetica (la capacità che ha un corpo di magnetizzarsi) che in generale cresce quando una roccia è vulcanica soprattutto se basica. Le rocce vulcaniche del distretto flegreo sono però di natura acida data la natura esplosiva del sito (Figura 4). Le anomalie magnetiche di questa zona sono a piccola lunghezza d’onda e sono molto ravvicinate: esse sono infatti dovute a sorgenti superficiali (le camere magmatiche) profonde al massimo 6 km.

stratigrafia, Campi Flegrei
Figura 4: Colonna stratigrafica che indica la natura vulcanica dei Campi Flegrei (da da www.flashitaly.com)

Il bradisismo

Il bradisismo è un tipico fenomeno geofisico dei campi flegrei. Esso, contrariamente ai movimenti repentini di un terremoto, è un lento innalzarsi ed abbassarsi del suolo. Circa 6000 anni fa c’è stato un innalzamento di circa 40 metri rispetto al livello del mare. In un periodo più recente (fra gli anni ‘70 e gli anni ’80) gli abitanti di questa zona, hanno notato un sollevamento del suolo di circa 3,5 metri che purtroppo ha generato anche delle vittime.

La prova di questi movimenti è testimoniata dalla zona del mercato (macellum) vicino al porto di Pozzuoli conosciuto come Tempio di Serapide (Figura 5). I resti di questo tempio romano del I secolo d.C., se osservati accuratamente mostrano la presenza di tanti fori dovuti alla perforazione di litodomi (datteri di mare). Questo di conseguenza ci dice che queste rovine sono state sommerse dal mare proprio a causa di un lento abbassamento del suolo.

serapeo
Figura 5: Tempio di Serapide, particolare delle colonne perforate dai litodomi a destra (da www.flashitaly.com)

Per questo fenomeno sono state formulate diverse teorie, ma due sembrano essere le più accreditate. La prima ipotesi si basa sul principio che, essendo i campi flegrei un distretto vulcanico, queste variazioni del livello del suolo siano dovute al movimento delle masse magmatiche o alle variazioni di caratteristiche chimico-fisiche delle rocce che inglobano le camere magmatiche . La variazione di queste caratteristiche produce una variazione di pressione e di temperatura delle rocce che si trovano in prossimità dei serbatoi magmatici. L'aumento di pressione genera deformazioni in queste rocce che si traducono nel caratteristico sollevamento del suolo in superficie. 

La seconda ipotesi è quella secondo cui il tipo di sedimentologia sarebbe il responsabile di questa fenomenologia. Infatti, la zona flegrea è un’antica conca riempita da coltre piroclastica spessa. Le falde di questa zona essendo molto vicine al mare, vengono arricchite molto spesso di acqua che si infiltra in questa coltre piroclastica molto porosa. Di conseguenza, il terreno subisce delle variazioni di volume dovute alla differente presenza di fluidi, generando variazioni del livello del suolo.

Un quadro riassuntivo delle variazioni di quota si può ottenere osservando il grafico di figura 6 che mostra un sollevamento massimo negli anni ‘80 seguito poi da un lento abbassamento negli anni seguenti e da un sollevamento isolato registrato nel 2000.

bradisismo
Figura 6: Variazioni di quota dovute al bradisismo dell’area flegrea dal 1980 al 2001 (da www.on.ingv.it)

La sismica

I fenomeni vulcanici sono sempre preceduti da fenomeni premonitori che rappresentano un “campanello d’allarme”. Una serie di caratteristiche fisiche , come la deformazione statica del suolo ci aiuta a comprendere la dinamica di un’eventuale attività vulcanica. La registrazione quindi di eventi sismici diventa di primaria importanza, in quanto poterebbe indicare il movimento delle masse magmatiche.

La zona flegrea oltre ad essere caratterizzata da una rete geodetica, possiede anche una rete sismica con 8 stazioni tra cui analogiche a periodo di 1 Hz e stazioni digitali che acquisiscono i dati in maniera continua. I terremoti sono stati rilevati soprattutto in corrispondenza del centro della grande caldera ad una profondità di 2-3 km (Figura 7).

Figura 7: Mappa che localizza i sismi dell’area flegrea (cerchietti blu) e sezione della caldera in cui si vede che gli ipocentri sono in media localizzati ad una profondità di 2-3 km (da www.fi.cnr.it)

La figura 8 mostra una serie di mappe (slices) poste a diverse profondità in cui si può vedere come varia la velocità delle onde prime o di compressione (onde P). La velocità è più alta laddove i terreni hanno una densità maggiore mentre si abbassa dove i terreni hanno una densità minore subendo un’attenuazione. Gli ipocentri si trovano soprattutto nell’ultima slice che rappresenta uno spessore di terreno più profondo e sono localizzati nella zona di Pozzuoli.

Figura 8: Modello 3D della velocità delle onde prime e localizzazione della profondità degli ipocentri (da www.gnv.ingv.it)

Dall’attenta analisi dei sismogrammi si è potuto vedere che circa 10000 terremoti hanno seguito l’ultima fase di sollevamento dovuta al bradisismo degli anni ‘70-‘80. Piccoli terremoti precedettero un sisma dalla forte intensità avvenuto il 26 marzo del 1970. Appena, nel 1972, iniziò il lento processo di abbassamento la crisi sismica si arrestò per poi cominciare nel 1976 quando fu notato anche un incremento dell’attività idrotermale delle fumarole nella Solfatara. Agli inizi degli anni ’80, ci fu una nuova fase di sollevamento seguita da uno sciame sismico con terremoti di una magnitudo compresa tra 0,6 e 4,2 con ipocentri profondi 1,5 km - 5 km. Nel 1987 si sono manifestati nuovamente terremoti soprattutto nella zona della Solfatara. 

Il 2000 è stato accompagnato da altri sismi che possono essere raggruppati in due gruppi differenti a causa della profondità a cui si sono originati. I terremoti del luglio 2000 sono caratterizzati da basse frequenze il che fa pensare che si tratti di terremoti piuttosto superficiali. I terremoti dell’agosto 2000 sono caratterizzati da alte frequenze il che fa pensare a terremoti causati da eventi di tipo vulcano-tettonici con ipocentri a 2 km. L’analisi degli spettrogrammi dei sismi degli anni ’80 è molto simile all’analisi fatta per quest’ultimo gruppo infatti essi sono stati generati a profondità anche di 5 km. Attualmente l’attività sismica è leggermente accennata infatti sporadicamente vengono registrati sismi di una magnitudo non superiore a 0,8.

Anche la sismica, conferma che il distretto dei campi flegrei sta vivendo un periodo di relativa tranquillità anche se le piccole manifestazioni ci invitano a non sottovalutare la natura di questo luogo affascinante.


📒 GLOSSARIO:

Roccia acida: roccia vulcanica con un contenuto in silice maggiore del 65%.

Roccia basica: roccia vulcanica con un contenuto in silice minore del 65%.

Coltre piroclastica: depositi vulcanici costituiti da ceneri e lapilli.

Attività idrotermale: attività vulcanica che si manifesta con l’emissione di gas e flussi di acqua calda arricchiti in minerali.

Stazioni analogiche: acquisiscono valori infiniti in modo continuo in un dato intervallo di tempo.

Stazioni digitali: acquisiscono i dati secondo una frequenza di campionamento.

Spettrogramma: rappresentazione dell’ intensità alle differenti frequenze ed ai vari istanti.

Onde prime: le onde che si propagano per prime in terremoto, causano il movimento oscillante delle particelle del mezzo in cui si propagano provocandone la dilatazione e la compressione.

Ipocentro: punto in cui si sprigiona l’energia di un terremoto, per cui esso può essere superficiale , intermedio o profondo.

Sismogramma: registrazione del movimento sismico.

Magnitudo: misura dell’energia liberata da un terremoto, si misura in scala logaritmica.

La geoarcheologia nei Campi Flegrei

Dopo una descrizione geofisica dei Campi Flegrei, vorrei esporre l’importanza delle metodologie geofisiche in archeologia. La geofisica, infatti, oltre ad essere un valido mezzo per spiegare le dinamiche del sottosuolo, può diventare uno strumento utilissimo per rilevare delle strutture archeologiche ancora sepolte, mediante l’analisi e l’interpretazione di variazioni di parametri fisici. L’osservazione e la descrizione geologica dei siti è necessaria per un’indagine geofisica in quanto dall’interpretazione di contrasti dei parametri fisici delle litologie con quelli di una struttura sepolta è possibile dedurre la presenza di un’eventuale struttura archeologica.

Figura 1: Parte della colonna cronostratigrafica. I periodi evidenziati sono quelli che interessano la geoarcheologia.

Siccome è anche importante capire perché devono essere fatte certe prospezioni geofisiche, si rende necessario esporre le problematiche archeologiche del sito. La geoarcheologia nasce, infatti, dall’affiancamento della archeologia alle discipline delle Scienze della Terra per riferirsi ai periodi geologici più recenti del Quaternario, dal Pleistocene superiore all’Olocene, ma raramente il Pleistocene medio (Figura 1).

La ricerca archeologica si serve così dei concetti e dei metodi delle Scienze della Terra per poter ritrovare testimonianze della storia di una civiltà. Molte applicazioni geoarcheologiche (le tecniche non invasive della geofisica) possono essere condotte nell’area dei Campi Flegrei. Infatti quest’area è stata fin dall’antichità un luogo prediletto per la generazione umana, basti pensare alla natura vulcanica del sito: la presenza di zolfo ed azoto rendono questa terra molto fertile. La presenza del mare rendeva il clima più mite e grazie ad esso, la popolazione poteva comunicare più facilmente con il mondo esterno. In realtà sono gli stessi motivi per cui oggi quest’area è così popolata.

Sin dall’antichità quest’area ha accolto famose colonie greche e e centri romani come Pozzuoli, Baia, Cuma, Miseno. Nell’Alto Medioevo a causa di un abbassamento del suolo, causato dal bradisismo, questa zona fu invasa dagli acquitrini per cui fu rapidamente abbandonata. Tuttavia dopo una serie di bonifiche, le terre di questa zona furono sede di un’intensa attività agricola che ancora oggi riveste un ruolo di grande importanza per le zone più interne.

Oggi le aree di grande interesse archeologico dei campi flegrei che testimoniano l’esistenza di importantissime civiltà sono:

Pozzuoli - città conquistata dai romani, i resti archeologici più importanti sono quelli in stile corinzio dedicati al tempio di Augusto e resti di due anfiteatri uno di età repubblicana, uno risalente all’età dei Flavii. Di notevole importanza sono anche la Piscina Cardito e la Piscina di Luciano che rappresentano due grandi serbatoi idrici. Inoltre sorgono maestosi i resti del tempio di Giove Serapide (Figura 2) nel golfo di Pozzuoli, l’antico maercato (o macellum). Infine lungo la via Campana è famosa la necropoli costituita soprattutto da tombe a camera.

macellum, Pozzuoli
Tempio di Serapide (Macellum) Pozzuoli

Cuma - antica colonia greca, ricordiamo il Capitolium e l’Antro della Sibilla del III sec. a. C. costruite in tufo (Figura 3). Qui si insediarono anche i romani infatti antichi resti di questa civiltà sono il tempio di Apollo e il tempio di Giove.

Bacoli - colonia romana, ritroviamo molte testimonianze di serbatoi idrici quali le Cento Camerelle e la Piscina Mirabilis. Di età imperiale (I- IV sec d. C.) sono le terme romane di Baia. Molti resti di sontuose ville romane li ritroviamo a Miseno, ritenuto dagli antichi la sede dei Campi Elisi. Di età Augustea si evidenziano sulla costa i resti di un antico porto militare e di un teatro.

antro, sibilla
Antro della Sibilla - Cuma

LE METODOLOGIE GEOFISICHE

I resti archeologici suddetti, sono in prevalenza costituiti da tufo giallo e da laterizio in quanto gli antichi costruttori si servirono del deposito naturale più abbondante: l’ignimbrite campana. Inoltre queste antiche popolazioni furono abili nel costruire cunicoli sotterranei soprattutto a scopo idrico per servirsi della risorsa “acqua”. Una struttura archeologica può essere quindi rappresentata anche da un vuoto che può essere o un cunicolo o una tomba spesso riempito da sedimento a seguito di fenomeni deposizionali. Le indagini geofisiche si servono di tutti questi parametri per scoprire una struttura ancora sepolta. La maggior parte di queste metodologie è infatti capace di rilevare un “vuoto” ancor prima che inizi lo scavo archeologico mediante l’analisi di contrasti fisici.

Le tecniche geofisiche, opportunamente integrate, possono rendere molto più semplice la pianificazione di scavi archeologici (ad esempio evitando una zona più vulnerabile o individuando future aree di scavo), con evidente risparmio di tempo e denaro. Le più importanti applicazioni delle metodologie geofisiche sono:

• il supporto alle operazioni di scavo;

• la segnalazione e la rappresentazione in carte tematiche di cavità;

• la rappresentazione in carte tematiche a grande scala delle aree archeologiche;

• la conservazione di strutture sepolte.

Siccome i resti archeologici hanno un grande valore intrinseco, il loro scavo deve essere controllato affinché non subiscano dei danni. Alcuni metodi geofisici segnalano la presenza di lineamenti di oggetti e di strutture sepolte in modo non distruttivo e veloce permettendo di costruire modelli bidimensionali e tridimensionali delle strutture archeologiche. A seconda della metodologia che viene usata, potranno essere investigate porzioni del sottosuolo più profonde o meno profonde.

I metodi geofisici vengono classificati come passivi o attivi (Figura 4) a seconda che venga sfruttata la variazione di un campo naturale associato alla terra (es. campo gravitazionale o campo magnetico) o che venga immessa energia all’interno del sottosuolo (es. energia elettromagnetica).

Figura 4: Schema che indica le due categorie di metodi geofisici, nella colonna di destra viene indicato il parametro fisico a cui la metodologia geofisica è sensibile.

Metodologie passive

Continuando la nostra esplorazione sulle metodologie geofisiche legate all’archeologia, cercherò di discutere sull’uso dei metodi geofisici passivi che potrebbe avvenire nei Campi Flegrei.

I metodi geofisici passivi più usati in archeologia sono quelli della gravimetria e della magnetometria: mediante l’interpretazione delle variazioni del campo gravitazionale o del campo magnetico sarà possibile dedurre delle strutture archeologiche sotterranee.

Sono metodi “passivi”perché il loro uso non richiede l’immissione di fonti di energia da parte dell’uomo e quindi sono non distruttivi nei confronti dell’ambiente, tuttavia sono molto sensibili all’urbanizzazione (Figura 1) e di seguito capiremo perché.

Baia, Bacoli
Figura 1: Veduta di Baia.

La gravimetria

La gravimetria è stato uno dei primi metodi usato per questi scopi: essa si basa sull’ attrazione reciproca di due masse, come ci dice la legge di Newton, grazie all’accelerazione di gravità. L’accelerazione di gravità è un parametro fisico naturale e non stabilito dall’uomo ecco perché la gravimetria è un metodo passivo.

Quando si effettuano delle misure di accelerazione di gravità in una determinata area vengono registrate delle curve le cui variazioni sono dovute al contrasto di densità che esiste fra due strutture geologiche o archeologiche di natura diversa. 

Immaginiamo di trovarci in un’area che dal punto di vista geologico è costituita da tufo e sappiamo che molto probabilmente vi siano delle cavità dovute a bacini idrici sotterranei e a cavità (es. tombe) usate dagli antichi.Con la gravimetria ci aspetteremo di vedere qualcosa? La risposta è affermativa perché interpretando la curva di accelerazione (Figura 2) sarà visibile un “minimo” dovuto proprio al contrasto di densità negativo fra il tufo e la cavità (costituita essenzialmente da aria).

Figura 2: Profilo gravimetrico che indica la presenza di una cavità

Lo strumento usato per ricavare queste curve è il gravimetro (Figure 3) il cui uso richiede molta precisione e pazienza. Infatti affinché la misura dell’accelerazione di gravità sia esatta è necessario essere sicuri che il gravimetro si trovi nella posizione orizzontale il che richiede molto tempo perché bisogna effettuare prima molte prove.

Questo strumento è sensibile a dilatazioni termiche, a variazioni di pressione e ad effetti magnetici. Le campagne gravimetriche (Figure 3) si effettuano stabilendo diverse stazioni in cui prendere le misure che si ripeteranno periodicamente, ad esempio ogni ora, in una delle stazioni che verrà definita “base” .

Da quanto appena descritto, ci renderemo conto che quindi si tratta di un metodo preciso e non invasivo ma che richiede molto tempo. In particolare, tutti sappiamo che i Campi Flegrei rappresentano un’area fortemente urbanizzata e molto ricca di testimonianze archeologiche. L’urbanizzazione di questa zona non gioca a favore di questa metodologia, in quanto il gravimetro potrebbe registrare dei segnali che non interessano all’archeologo come la presenza di “rumori” dovuti anche alla presenza delle sole abitazioni. La ricchezza archeologica (Figura 4) di questa zona merita inoltre di essere scoperta il prima possibile e ci renderemo conto che la gravimetria, nonostante la sua precisione, è un metodo poco speditivo: le sole campagne gravimetriche richiedono molto tempo. A questo tempo si aggiunge quello che intercorre durante l’interpretazione e l’analisi dei dati.

Figure 3: Gravimetro (da www.fomento.es)

Un uso più interessante della gravimetria nei Campi Flegrei potrebbe essere quello eseguito eventualmente nelle chiese per scoprire se vi siano cripte o catacombe, dal momento che la gravimetria evidenzia benissimo le cavità.

Figura 4: Terma di Sosandra

La magnetometria

La magnetometria è una metodologia usata molto in archeologia soprattutto per evidenziare degli oggetti superficiali. Essa si basa sul contrasto di suscettività magnetica che esiste fra due strutture di diversa natura. La suscettività magnetica è intrinseca alla materia per cui come l’accelerazione di gravità è una sua caratteristica naturale. L’uomo la può misurare ma non ne stabilisce la variazione, motivo per cui anche la magnetometria è una metodologia geofisica passiva.

Questo metodo permette di evidenziare strutture con un contrasto di suscettività molto alto: ad esempio se ci troviamo in un luogo di natura argillosa, scopriremo con molta facilità la presenza di oggetti metallici sepolti oppure di altri oggetti magnetizzati.

Tutti i corpi infatti hanno una diversa capacità di magnetizzarsi a seconda della loro composizione chimica. Più la materia è composta da atomi di ferro, più essa tenderà a magnetizzarsi.

Dal punto di vista archeologico, la magnetometria è in grado di evidenziare resti di vasi di terracotte ed oggetti in bronzo molto superficiali (Figura 6).

Contrariamente alla gravimetria, essa è un metodo molto speditivo: basta montarsi il magnetometro sulle spalle con i suoi sensori ed acquisire i dati “passeggiando” su delle griglie stabilite durante la campagna geofisica. La strumentazione (Figura 7) è però molto sensibile agli oggetti e alle strutture metalliche che la circondano, per cui si rischia di analizzare un segnale ricco di disturbi a grande scala.

Tale metodo infatti viene usato in aree ampie e non circondate da strutture metalliche di qualsiasi origine. La presenza di strade, veicoli, abitazioni, tettoie metalliche sicuramente darebbero un contributo così alto al segnale acquisito da cancellare il piccolissimo contributo di un coccio di terracotta sotterrato. Talvolta neanche l’azione di filtri riesce a cancellare questo rumore.

Ritornando ai Campi Flegrei, ci renderemo conto che anche la magnetometria difficilmente potrebbe essere eseguita soprattutto a causa di un’intensa urbanizzazione.

Le metodologie suddette quindi, per quanto rappresentino un punto cardine della geofisica archeologica, nei Campi Flegrei non possono trovare una vasta applicazione.

Figura 6: Resti di vasi di terracotta (da www.caorel.it)
Figura 7: Strumentazione magnetometrica (da www.ucm.es)

📒 GLOSSARIO:

accelerazione di gravità: parametro fisico causato dalla mutua attrazione di due masse.

densità: parametro fisico generato dal rapporto fra la massa di un corpo e il suo volume.

filtri: procedimenti matematici che esaltano l’informazione ad esempio di un profilo gravimetrico.

rumori: disturbi derivanti da agenti esterni.

suscettività magnetica: parametro che determina quanto un materiale possa essere magnetizzato.

Metodologie attive: la geoelettrica

Le metodologie geofisiche attive sono quelle che oggi vengono più usate per ricercare reperti archeologici. Tali metodi vengono qualificati come “attivi” perché si basano sull’immissione di energia nel sottosuolo da parte dell’uomo. Nel caso della geoelettrica (o metodo della resistività), viene liberata corrente nel sottosuolo e a seconda della diversa resistività dei corpi sepolti se ne può stimare la profondità e posizione. Questo metodo pur essendo molto preciso e facilmente applicabile, richiede molto tempo per l’esecuzione dei rilievi. 

Un corpo è molto resistivo quando non si lascia attraversare dalla corrente elettrica perché ha un basso contenuto di acqua, contrariamente si dice molto conduttivo quando ha una buona percentuale di acqua. L’acqua infatti conduce bene la corrente essendo una molecola con due specie atomiche (l’ossigeno e l’idrogeno) a diversa elettronegatività.

Non a caso la geoelettrica è usata anche per individuare falde acquifere oppure per evidenziare eventuali perdite di percolato quando una discarica non è controllata.

Per quanto riguarda i reperti archeologici sepolti, essi di solito hanno una buona resistività: immaginiamo di trovarci a fare una ricerca in un sottosuolo prevalentemente argilloso.L’argilla per sua natura tende a trattenere l’acqua, per cui se in questo background geologico sono conservati muretti in travertino (il calcare è resistivo), possiamo immaginare che tipo di contrasto fisico forte potremmo studiare in un profilo. Allora questo segnale può aiutare sicuramente a riconoscere una presenza nascosta al di sotto del piano campagna.

Precedentemente si è detto che il tempo per compiere i rilievi è abbastanza lungo: in effetti per condurre un rilievo geoelettrico, è necessario disegnare una griglia sull’area di interesse e poi montare con cura dei picchetti da inserire nel suolo.I picchetti sono molti (data la lunghezza del profilo di decine di metri), di solito distanziati di 50 cm, e poi dopo averli fissati è necessario collegarli uno ad uno tramite pinzette con il cavo che condurrà la corrente (Figura 1).

Figura 1: Parte dello stendimento per un rilievo di geoelettrica

La configurazione dello strumento richiede altro tempo e affinché la corrente venga trasmessa a tutti i picchetti possono passare anche ore.I profili che si ottengono sono abbastanza fedeli alla realtà del sottosuolo e di solito si preferisce confrontarli con dei profili effettuati con il georadar, altra strumentazione geofisica di cui parlerò diffusamente in seguito nell’ambito di questa rubrica.

Per quanto riguarda l’uso della geoelettrica nei Campi Flegrei esso potrebbe ritrovare ampi consensi anche per il monitoraggio ambientale: il controllo di discariche, situazione della falda acquifera (Figura 2 e 3). In particolare potrebbe essere interessante compiere studi sull’area dell’acqua salmastra : cioè il luogo dove acqua dolce e acqua di mare si incontrano. E’ importante conoscere dove si miscelano così da poter fare un migliore uso delle acque potabili.

Figura 2: Rappresentazione di una discarica
(da www.harpo-group.com)

La geoelettrica può essere usata nei campi flegrei anche per scoprire testimonianze archeologiche: dato il territorio costituito prevalentemente da tufo così come i reperti archeologici, mi viene da pensare che il contrasto fisico non possa essere molto forte, però potrebbe essere molto accentuato se volessimo individuare cavità, acquedotti o tunnel. Concludendo, la geoelettrica può aiutare gli archeologi alla ricerca però richiede tempi un po’ lunghi per la conduzione dei rilievi.I profili che si acquisiscono sono intuitivi, per cui l’interpretazione è abbastanza immediata.

Figura 3: Rappresentazione di una falda acquifera (in azzurro) da www.torinoscienza.it