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VISITA AL PARCO ARCHEOLOGICO DI BAIA

detto TERME ROMANE di Baia

Baia

INTRODUZIONE

Baia è situata nel comprensorio dei Campi Flegrei ovvero Campi ardenti (dal latino phlegrāea e dal greco phlégra = che arde) poiché tutta l'area rappresenta la caldera dell'omonimo vulcano nato circa 15000 anni fa durante l'eruzione del Tufo giallo napoletano (dal nome del deposito di ceneri che si depositò sulle zone attigue) e il cui cratere è rappresentato dall'attuale golfo di Pozzuoli. Tale evento, si verificò all'interno di un altro cratere provocato dall'eruzione dell'Ignimbrite campana avvenuta circa 39000 anni fa. Segni evidenti dimostrano che lo stesso golfo di Napoli rappresenti la caldera di una precedente eruzione. 

Anche Baia è di origine vulcanica essendo delineata nella caldera dell'omonimo vulcano nato tra gli 8.000/10.000 anni fa. Per comprendere meglio la sua storia si deve lavorare un po' di immaginazione e tornare indietro nel tempo di circa 2.500 anni, quando l’attuale porto era in larga parte occupato dalla terraferma ed ai suoi lati, i promontori di Punta dell'Epitaffio e di Punta del Castello, si chiudevano in un abbraccio al cui interno c'era un lago, il lacus baianum, formatosi dalle acque piovane e termali che scendevano dalle pareti circostanti. Successivamente, quando Baia diventò un vero e proprio centro residenziale riservato alla nobiltà romana, al centro dell'istmo che lo separava dal mare, fu realizzato un canale largo 32 metri e lungo più di 200 che lo collegò con quest'ultimo. vedi

Da questa piccola baia di origine vulcanica prese il nome la località. La leggenda invece vuole che derivi da Bajos, timoniere e compagno di Ulisse morto e sepolto in questa zona.

I primi insediamenti abitativi nacquero nel II secolo a.C. e raggiunsero il massimo splendore nel I sec. d.C., quando non si riuscivano più a distinguere i confini di Baia da quelli di Bauli (l’antica Bacoli) e di Puteoli (Pozzuoli). Le villae, rispecchiando la ricchezza ed il grado sociale dei rispettivi proprietari, avevano un aspetto maestoso, finemente rifinite e dotate quasi tutte di peschiere o piscine per l’allevamento delle murene: vera prelibatezza culinaria a quell’epoca.

Al termine della Repubblica, Baia (soprannominata "la piccola Roma") fu eletta residenza estiva degli imperatori romani e ciò contribuì ad accrescere la grandiosità ed il lusso delle sue costruzioni.

Parco archeologico di Baia

L'architetto Sergio Orata contribuì a rendere ancora più famose queste ville dotandole di terme con pavimento a suspensurae per i bagni di vapore proveniente dalle varie sorgenti della zona. A Baia furono sperimentate ed eseguite le più moderne, ardite e raffinate tecniche architettoniche come il "Tempio di Mercurio", la cui cupola non solo è più antica ma misura la metà del Pantheon a Roma, per cui si può supporre che ne fosse il prototipo.

Col passare del tempo le Terme Romane di Baia subirono numerosi ampliamenti e modifiche, tali da rendere molto difficile oggi l'identificazione di alcuni ambienti, avendone perso la funzione originaria. Dopo Augusto, infatti, esse furono ingrandite da Nerone, Adriano, Antonino Pio, Alessandro Severo fino a costituire un’immensa città termale. Furono costruiti ampi edifici per i bagni, gli svaghi, biblioteche, palestre e giardini secondo la regola "mens sana in corpore sano".

I portici furono una caratteristica del luogo. Essi assunsero grande rilievo architettonico perché sorreggevano i vasti terrazzamenti che si spingevano verso il mare ed ai fini pratici permettevano agli ospiti di ripararsi dai temporali o dalla gran calura estiva.

Della ricchezza e lo sfarzo dell’antica Baia, oggi rimane ben poco anche a causa degli eventi bradisismici che hanno lasciato sott’acqua la parte più interessante ed antica della cittadina. Ad ogni modo dalle strutture messe in luce dagli scavi iniziati nel 1941, interrotti causa la guerra e ripresi nel 1950 ad opera del prof. Amedeo Maiuri, si ha già l’idea della sontuosità delle costruzioni. Dai lavori di dragaggio lungo il lido, dal 1923 al 1928, sono emersi numerosi frontoni e manufatti di marmo finemente lavorati che da soli testimoniano il lusso e la sontuosità delle ville che ricoprivano il territorio.

Parco archeologico di Baia

VISITA GUIDATA

Dopo questa breve introduzione necessaria per far comprendere la collocazione storica delle Terme Romane di Baia, procediamo per ordine ed iniziamo la visita inoltrandoci nel viale denominato "criptoporticum" causa la costruzione al centro di una fila d’archi sormontati da una copertura in muratura; sul lato destro si possono vedere i resti recintati che dividevano questa zona in un lato soleggiato ed uno ombreggiato.

Sui muri è visibile la tipica costruzione a reticolo dei tufelli, denominata "opus reticulatum". In alto alcuni ambienti con volta di non chiara destinazione probabilmente usati dal personale di servizio mentre altri, apparentemente simili situati alla fine del viale, sono cisterne adibite alla raccolta d’acqua.

Queste ultime col passare dei secoli persero la loro funzione originaria diventando rifugio o prigione. Al loro interno, nel 1982 ho rinvenuto diverse serie di tacche segnatempo scalfite sull'intonaco assieme ad alcuni disegni di navi (galeoni, caracche, etc.) e una serie di antiche scritte in diverse lingue. Tra queste spicca una in latino, datata 1524, che recita il verso della Bibbia: Io sono la via e la verità e la vita. Nessuno viene al padre se non tramite me. Firmata Iohannes Articulus de Rotenburgensis.

Accanto ad essa, un'altra scritta in tedesco antico risalente sempre al 1500 che probabilmente recita Daren sindt besehen alle winindt ovvero "Tutti guardano piangendo il viaggio di queste ... [anime?]". È possibile leggere lo studio completo qui.

Le foto effettuate all'epoca rappresentano un documento storico poiché l'incuria e la mancanza di atti conservativi ne hanno fatto sparire quasi totalmente traccia.

A proposito di cisterne, bisogna aggiungere che Baia era rifornita di acqua potabile dall’acquedotto augusteo proveniente dalla sorgente del Serino (prov. d’Avellino) e proseguiva fino alla Piscina Mirabilis (a Bacoli) percorrendo circa 100 km. L’approvvigionamento dei vari ambienti avveniva per caduta, dalle cisterne situate a monte degli stessi.

Sempre sul lato destro, una lunga scala porta sulle terrazze superiori ove si notano resti di ambienti residenziali; questa zona, assieme al viale sottostante e agli altri livelli successivi, è l’unica a non avere costruzioni termali ed è stata chiamata "Villa dell’Ambulatio" (zona adibita al passeggio).

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Tutto il complesso è stato suddiviso in settori (Terme) per una più chiara e facile identificazione delle varie aree.

Pertanto, guardando dall’alto verso il mare, sulla sinistra è visibile l'edificio Termale di Diana riconoscibile nel cosiddetto "Tempio di Diana", così chiamato a causa di vari affreschi raffiguranti scene di caccia rinvenuti all’interno. Della grossa cupola con punta ad ogiva ne resta la metà e rimane di là della ferrovia in proprietà privata e quindi al di fuori degli Scavi. In origine doveva essere un enorme sudatoio che raccoglieva i vapori caldi che scaturivano alla base della collina.

Seguono le Terme di Mercurio con il cosiddetto "Tempio di Mercurio" (o "Tempio dell’eco" per la sua eccezionale acustica), le Terme di Sosandra ubicata nella zona sottostante alla destra della rampa di scale che porta nella parte inferiore degli Scavi, e le Terme di Venere ancora più a destra, "decapitata" del cosiddetto "Tempio di Venere" (in origine probabilmente uno "stagnum") dalla strada sottostante e quindi anch’esso al di fuori del Parco Archeologico di Baia.

L'appellativo "Tempio", normalmente attribuita a costruzioni riservate al culto, è inesatta se riferita agli edifici di cui sopra poiché sono esclusivamente termali ma tale denominazione popolare, è rimasta nella odierna identificazione.

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Al termine del criptoporticum, scendendo pochi gradini, andando a destra si entra nelle Terme di Sosandra così denominata perché dedicata a Sosandra, dea protettrice degli uomini, la cui statua (attualmente al Museo Nazionale) fu ritrovata alla base della nicchia centrale situata sulla parete di fronte.

A destra di quest’ultima vi è un’apertura che porta in un piccolo ambiente, il Balneum (oggi si potrebbe definire stufa, sauna), riccamente decorato sul soffitto da un pregevole stucco raffigurante figure mitologiche.

La particolarità di questo locale è il tipo di riscaldamento ad ipocausto in pratica una camera d’aria sotto il pavimento e alle pareti, attraverso la quale il calore si diffondeva uniformemente.

Questo è l’unico locale termale presente nel complesso che non sfruttava il calore naturale delle sorgenti, bensì quello di una fornace presente alla base del pavimento (ricoperta dalla grata metallica) ed alla quale si accedeva dall’esterno.

Andando avanti s’incontra la statua di Mercurio (Ermes), dio dell’astuzia e dei commerci nonché messaggero degli Dei, resa acefala da un furto notturno a maggio 1978.

La testa, recuperata dal nucleo dei Carabinieri, fu ritrovata in Germania e custodita al Museo Nazionale di Napoli per 45 anni, fino al 13 luglio 2023 quando è stata ricollocata al suo posto.

Segue un ambiente con pavimento a mosaico policromo, raffigurante maschere teatrali e restaurato varie volte, mentre di fronte ve n’è un altro con figure geometriche con tessere bianche e nere su cui è evidente la deformazione del piano di calpestio.

Proseguendo s’incontra un locale dal soffitto molto basso diviso in due stanze, il cui utilizzo è stato prima come sauna e poi riattato a cisterna.

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Dopo pochi gradini si arriva nella zona più antica degli Scavi: le "Piccole Terme".

Quest’area è caratterizzata da un ambiente particolare, un "laconicum" (sala per la traspirazione del corpo), realizzato con pavimento a "suspensurae" (pilastrini di terracotta che sorreggevano un secondo pavimento rialzato e amovibile) che permetteva le esalazioni di vapore caldo dal basso ed in modo uniforme.

In alto è presente un foro circolare che in origine aveva una funzione termodinamica: tappato tratteneva il vapore caldo realizzando lo scopo del locale, alla rimozione del coperchio invece, essendo l’aria calda molto più leggera di quella fredda, esso ne defluiva rapidamente.

Di fronte si accede ad un’ampia terrazza. Essa dà modo di poter osservare il Parco Archeologico nel suo insieme ed anche la costa da Punta dell'Epitaffio a PozzuoliQui è doveroso soffermarsi sulla posizione privilegiata di Baia. Essa, infatti, si trovava tra Pozzuoli, grande centro commerciale (vedi il "Macellum"), e Miseno.

Miseno fu porto militare e sede della più grande flotta romana del Mare Nostrum: la Classis Praetoria Misenensis. Proprio quest’ultima portò i primi soccorsi alla popolazione pompeiana quando ci fu l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Inoltre, proprio alle spalle del porto di Miseno, si trovava la Scuola Militare che ha attribuito il nome all’attuale Miliscola.

Luogo di notevole interesse, è il lago Lucrino (dal latino lucrum: guadagno economico) radicalmente mutato rispetto alla forma originaria, in seguito alla violenta eruzione che si ebbe nel 1538 proprio sulla sua costa, che provocò in una sola notte (tra il 28 e il 29 settembre) la nascita di Monte NuovoNel lago Lucrino, Sergio Orata impiantò un grande allevamento di pesci (soprattutto orate, alle quali deve il suo appellativo) ed ostriche, molto rinomate e richieste nei ricchi banchetti della nobiltà romana.

Le dimensioni del lago erano notevoli e comunicava sia col mare sia con l’altro lago attiguo, il Lago Averno (adibito a porto militare) dal quale si poteva accedere fino a Cuma tramite la Grotta di Cocceio.

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Di fronte, perentoria, si stacca la sagoma del Castello Aragonese di Baia. Esso fu fatto edificare alla fine del 1400 da Alfonso II d’Aragona per difendere il golfo dalle frequenti scorrerie dei pirati. Si sostiene che la fortezza sia stata costruita sulle rovine dell’antico Palazzo dei Cesari poiché, secondo Tacito, la villa di Cesare si ergeva sul punto più alto del promontorio dominando il golfo di Baia. In base a questa testimonianza però, è più credibile che il Castello sia stato costruito attorno alla villa inglobandone le rovine sulla sua sommità.

Descritto lo scenario geografico, bisogna soffermarsi brevemente sugli illustri frequentatori ed alcune vicende a loro correlate. In realtà Baia Imperiale non era solo luogo di cura e soggiorno ma anche di vizi, congiure e sregolatezze.

A Miseno, in circostanze misteriose, morì Tiberio Claudio Nerone (imperatore dal 14 al 37 d.C.) all’età di 67 anni. Proprio a Baia, l’imperatore Caligola (nipote adottivo di Tiberio), in uno dei suoi (non rari) momenti di follia, fece radunare le navi della flotta di Miseno, segare gli alberi e, formato un lungo ponte galleggiante fino a Pozzuoli, lo attraversò in groppa al suo cavallo Incitatus (che poi nominò senatore).

A Baia soggiornò Claudio (proclamato imperatore nel 41 d.C. dopo l’uccisione di Caligola) con la moglie Messalina, donna dissoluta e dispotica, famosa per la sua incontinenza e i suoi delitti.

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Nerone, proprio qui prese la decisione di liberarsi definitivamente della perversa madre Agrippina minore: la prima volta cercò di farla perire nelle acque del golfo architettando un incidente, cui la donna scampò fortunosamente, successivamente raggiunse lo scopo affidandosi alle più sicure lame dei suoi luogotenenti.

A tal proposito si precisa che il monumento situato a Bacoli, chiamato "Tomba di Agrippina", è in realtà un teatro per audizioni musicali (odeon); mentre la vera dislocazione del monumento funebre rimane ancora un mistero.

In seguito, tutti gli altri imperatori, da Vespasiano a Diocleziano, chi in modo più evidente chi meno, lasciarono un’impronta del proprio passaggio o del loro governo.

Riprendendo l'itinerario di visita, dalle Piccole Terme diamo uno sguardo al settore di Sosandra.

Dall’alto della terrazza è ben visibile il Teatro Ninfeo, una costruzione ad emiciclo con varie nicchie e prospetto a colonne con una vasca al centro, scenograficamente molto interessante. Tipico delle ville marittime, era utilizzato per rappresentazioni, come luogo di frescura e belvedere.

Scendendo per la ripida rampa e giunti nella zona sottostante, si nota a destra (settore di Venere, Terma di Adriano) un mosaico figurato, in tessere bianche e nere, che narra la storia d’amore tra l’imperatore Adriano ed Antinoo, un giovinetto incontrato durante una visita in Bitinia, nel nord dell’attuale Turchia, nel 123 d.C. 

Antinoo aveva 12 anni quando Adriano lo prese nella sua corte e lo fece trasferire a Roma per educarlo ed istruirlo. Al suo ritorno in patria nel 125, lo seguì con particolare interesse rimanendo affascinato da quell'adolescente le cui forme fisiche venivano modellate dalla crescita. Il consenso del giovane consolidò il loro rapporto e la sua presenza diventò sempre più partecipe nonostante la manifesta rivalità della moglie Vibia Sabina. La passione diventò travolgente e nel 128 Adriano ripartì per le sue campagne militari nelle province dell’Impero assieme al suo favorito diventato oramai suo inseparabile compagno di vita.

Antinoo prese il posto che una volta era di Vibia Sabina, lo seguiva ovunque e ne condivideva sia le gioie che l’apprensione per lo stato di salute del suo amato che soffriva di idropisia. Secondo gli àuspici ad Adriano restavano pochi anni di vita e, per scongiurare l'evento, gli consigliarono di offrire agli Dei la vita di una persona a lui molto cara in cambio della sua. Parere rifiutato con sdegno e mai preso in considerazione nonostante l’insistenza degli indovini ad ogni manifestazione di una crisi.

Nel 130 d.C. durante un’escursione in barca sulle acque del Nilo, accadde la tragedia: Antinoo morì all'età di 19 anni in circostanze misteriose, molto probabilmente annegato e smembrato dai coccodrilli.

L'indiscutibile disperazione dell’Augusto fu talmente appariscente da essere criticato e persino deriso per i suoi pianti. Dovette sopportare le dicerie delle malelingue che insinuarono avesse fatto ammazzare o perlomeno indotto al suicidio il giovane dall’entourage di corte. Dione Cassio non ebbe dubbi in merito e affermò che si trattò di suicidio meditato, un gesto sacrificale nei confronti del suo amato imperatore: offrì volontariamente se stesso agli Dei in cambio della vita di Adriano.

La narrazione musiva, si presume dello stesso Adriano poichè pretendeva l'approvazione personale di tutte le opere dedicate ad Antinoo, inizia proprio da questo momento.

Nella parte inferiore si vede Antinoo, nel pieno della sua giovinezza, correre con una lepre in mano. Ovidio afferma che tra amanti era uso comune offrirla come pegno d’amore e Antinoo offre la sua vita correndo, senza esitazione, avvolto in una sciarpa svolazzante con due cuori a testimonianza del suo amore.

Per mitigare la grave perdita e perpetuarne la memoria, Adriano fa riprodurre le sembianze del giovane amante in tutte le sconfinate province dell’impero. In suo onore nomina una costellazione e fonda addirittura una città: Antinopolis.

Ne proclama perfino la divinizzazione, privilegio riservato esclusivamente ai componenti della famiglia imperiale. Nasce così il dio Antinoo.

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Lo vediamo nella parte centrale, ritratto da adulto con la sua inconfondibile capigliatura ma dal piglio serioso che si addice ad una divinità.

Adriano l’ha consacrato al dio Osiride, il dio egizio della Resurrezione, e non poteva essere altrimenti visto che ha subito il suo stesso destino nelle stesse acque, seppure in circostanze diverse.

Viene rappresentato come “Osiride vegetante” ovvero con l’aureola di germogli di grano a simboleggiare la sua potenza rigenerativa.

Il simbolo della resurrezione ripreso dalla religione cattolico-cristiana con l’usanza dei Sepolcri.

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Nella parte superiore invece è rappresentato l’addio terreno e la promessa di Adriano di raggiungerlo nell’aldilà. Il calice con l’acqua zampillante simboleggia la vita, la fons perennis ovvero la fonte della rinascita.

Sulle sue anse poggiano due colombe poste una di fronte all’altra. Esse rappresentano le anime di Adriano ed Antinoo che dissetandosi danno origine alla trasmigrazione e alla conseguente ricongiunzione nell’eternità.

Ma c’è un altro particolare molto evidente che tutti vedono ma nessuno ci fa caso, eppure è fondamentale: i viticci.

Questi sono elementi tipici delle piante rampicanti che non avendo fusto si aggrappano e si avvolgono tenacemente ai sostegni che trovano per innalzarsi verso il cielo. Di norma, nella simbologia, sono collegati alla vite e all’edera e diventano anche motivo ornamentale ma in questo caso non ci sono foglie poiché il rampicante in questione non descrive una pianta bensì l’amore che nasce alla base, dove c’è Antinoo giovinetto, con due ramificazioni (Adriano e Antinoo) che avviluppano le tre figure e salgono in alto dove raggiungono il culmine e si congiungono con un anello.

La solidità dei suoi viticci, sono il simbolo della fedeltà: il legame d'amore che si snoda con affettuosi abbracci.

Adriano visse altri 8 anni dopo la perdita di Antinoo. Gli ultimi li trascorse qui a Baia e chissà quante volte, contemplando questo mosaico, il suo sguardo si sarà perso nei ricordi.

Morì a Baia il 10 luglio del 138. Aveva 62 anni.

Per maggiori dettagli è possibile scaricare lo studio qui

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Proseguendo subito a destra, ed attigua al mosaico, si apre una piccola esedra con due colonne rivestite di marmo rosa: essa doveva essere fornita di sedili (triclini) e servire probabilmente come luogo di conversazione per gli ospiti.

A sinistra si apre un ambiente che presenta la volta ornata di stucchi e alla base di questi si possono notare alcuni autografi (qualcuno datato) di visitatori del passato durante il Gran Tour.

Varcata la soglia si entra in una stanza (anch’essa con soffitto decorato) con una scalinata che permetteva l’accesso alla zona superiore, segno che era tutt’uno con le terme sovrastanti. Alla destra invece, c’è un piccolo cunicolo che permette l’accesso ad un’affascinante (e buia) cisterna completamente ricoperta da uno spesso e coriaceo strato di calcare. Durante il Gran Tour fu meta preferita dai viaggiatori poichè le guide dell'epoca gli diedero l'ambiguo appellativo di Stanza di Venere e al suo interno mostravano, attraverso la labile luce di torce che hanno annerito totalmente l'ambiente, l'albero fatto pietra ovvero una grande stalattite formatasi dalle acque termali che scorrevano dall'alto e che avevano inglobato una pianta rampicante (probabilmente un'edera).

Ma le tracce più suggestive le individuai negli anni '80 sulla parente a sinistra dell’ingresso e di fronte, dove scoprii alcune croci e simboli di cristianità scolpiti e successivamente ricoperti dal calcare facendomi ipotizzare che in questo locale, in un certo periodo, si siano potuti rifugiare cristiani perseguitati.

Usciti all’esterno, subito a destra vi sono altri ambienti: uno di essi è chiaramente una cucina con la zona di cottura ed alcune vasche che fungevano da lavello.

Attiguo a questi locali si apre il grande complesso termale denominato "adrianeo" dall’epoca di costruzione (inizio II sec. d.C.).

Anche qui vi era un laconicum con pavimento a suspensurae. In alto si possono notare i resti che confermano la copertura a volta mentre in basso restano visibili solo gli ipocausti, vale a dire la parte inferiore dove, tramite le colonnine, veniva appoggiato il pavimento superiore come già spiegato precedentemente.

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Ritornati alle scale, di fronte si apre un ampio spazio che, secondo il prof. Maiuri, doveva essere una piscina scoperta (natatio). La prerogativa di quest’area è che la base oroginaria non è quello che si osserva, ma si trova ben sette metri più sotto. All’epoca degli scavi, infatti, la superficie attuale si trovava pochissimi centimetri sopra il livello del mare e ciò sconsigliò di andare oltre.

Molto probabilmente non si tratta di una piscina ma un giardino con giochi d'acqua o una palestra.

Il perimetro superiore della "natatio" era a peristilio, ovvero circondato da porticati a colonne; un esempio ricostruito è visibile nell’angolo a sinistra.

Sotto quest’ultimo, sono presenti due tipi d’intonaci affrescati: uno con immagini di divinità e stile tipicamente romani; l’altro, sottoposto a questo (si nota nella parte superiore destra), con stile e divinità egizie. Si riconosce il dio psicopompo Anubi, con la testa di sciacallo, che aveva il compito di trasportare le anime nell’aldilà.

Anche questo intonaco è comunque d’epoca romana e testimonia l’influenza ricevuta dall’Egitto nel periodo in cui questo divenne una prefettura romana e dipendeva direttamente dall’imperatore. Molto probabilmente proprio da Adriano.

I colpi che si vedono sull’intonaco sottostante non sono opera di vandali come si potrebbe credere a prima vista, ma sono scalpellature praticate dagli stuccatori dell’epoca per farvi aderire l’intonaco successivo.

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Percorrendo il perimetro superiore della Natatio, si arriva ad un pittoresco corridoio ad archi che porta nelle Terme di Mercurio.

Seguendo il sentiero, sulla sinistra, sotto la volta del primo grande ambiente, si nota un curioso scherzo della natura: un albero capovolto.

Si tratta di un fico selvatico nato dalla radice di un pre-esistente fico situato al di sopra della volta, reciso durante un restauro e la cui radice ricoperta dal cocciopesto. Non a caso il fico nella tradizione antica rappresenta l'immortalià ed infatti, non ricevendo più luce dal soffitto, ha sviluppato l’apparato fogliare in basso.

Proseguendo si arriva in una grande sala con cielo a volta. Qui la quota effettiva non si ferma a quella calpestata ma si trova a circa sette metri più sotto (vale lo stesso discorso fatto per la Natatio). In basso a sinistra s’intravede l’accenno di un arco, parte superiore di una nicchia; analogamente a destra ce n’è un’altra sotto l’apertura praticata per far accedere i visitatori nel cosiddetto "Tempio di Mercurio".

Il materiale che ha coperto questa zona per la maggior parte è stato trasportato dal mare; infatti, essendo l’area flegrea sottoposta al continuo fenomeno bradisismico, c’è stato un periodo in cui il livello del mare è arrivato a lambire la volta della sala. Guardando in alto, si nota l’azione distruttiva dei marosi alla sua imboccatura.

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Varcato l’ingresso del "Tempio di Mercurio", si è subito avvolti dall’atmosfera affascinante effusa da questa imponente costruzione: il laghetto interno, la luce riflessa ed il notevole fenomeno acustico, rendono questo locale unico e il più amato dell’intero Scavo.

Anche in questo caso, il pavimento si trova ben al di sotto del livello attuale (precisamente a 6,70 metri); ciò dà una precisa idea sulla maestosità dell’ambiente, tenendo presente il periodo d’origine e le tecniche edilizie impiegate all’epoca.

L’acqua che si vede all’interno, è di tipo termale mista a quella marina che vi arriva per capillarità essendo la quota a livello del mare.

La costruzione a cupola è tipica del frigidarium ma durante i carotaggi effettuati dall'archeologo A. Maiuri, a 6,70 mt fu ritrovato uno strato di terracotta poi terra e dopo 30/40 cm di nuovo terracotta: probabilmente il tratto di una suspensurae. Per cui e' molto probabile che abbia avuto la funzione di grande laconica e pertanto creata con lo scopo preciso di trattenere il vapore caldo. Il "lumen" centrale in questo caso non aveva solo la funzione di dare luce all’ambiente, (già svolta egregiamente dai quattro finestroni laterali) ma, come già detto in occasione del laconicum delle Piccole Terme, quella termodinamica. Sulla superficie esterna della cupola, si trovano alcuni gradini che conducono alla sua imboccatura. 

La parte dritta della parete circostante, era rivestita con lastre di marmo, e ciò si comprende dai numerosi fori simmetrici nei quali venivano infisse le staffe di piombo per tenerle ancorate; la parte interna della cupola invece, era decorata a mosaico (ne restano alcune tracce).

All’uscita, varcando un altro passaggio praticato in epoca moderna, si arriva in un cortile dove sono presenti due piccoli pozzi, rivestiti con mosaico, alimentati da una sorgente termale ancora attiva. Tale acqua, con una temperatura che oscilla tra i 35 e i 37 gradi C°, è mista anch’essa a quella marina. Qui il piano di calpestio è quello reale, ed è evidente quindi che l’ingresso originario non poteva trovarsi dove si è entrati. Di fronte si aprono due sale termali anch’esse parzialmente allagate da acqua sorgiva e marina.

Quella di destra ha un’architettura più elaborata, con il soffitto ad "ombrello" e rivestito in mosaico. In basso, lungo il perimetro, vi sono alcune vasche per i bagni, mentre ai quattro angoli, sono ricavate altrettante nicchie, utilizzate probabilmente, per inalazioni di vapore.

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Ripercorrendo il sentiero attraversato precedentemente e salite le scale a destra, si giunge in un giardino. Guardando in alto, verso le strutture, si notano tre diversi terrazzamenti ai quali si accede tramite una ripida rampa di scale. Questa è la zona più discussa ed incerta dell’intero Scavo. Sul primo loggiato vi sono resti di stanze che si aprono lungo un corridoio, e la loro conformazione lascia supporre che fossero sale di lettura o comunque di riposo.

Il secondo livello invece, è quello che ha creato più confusione causa una complicata serie d’interventi e modifiche murarie e in origine proseguiva fino a raggiungere l'area del Tempio di Mercurio. A sinistra vi sono undici stanze con volta a botte che danno, tramite pochi gradini, su un corridoio che delimita, sul lato destro, i resti di quindici stanze.

Gli ambienti di sinistra, in un primo momento, furono identificati come bagni ma, non essendovi resti di strutture termali, oggi sono considerati magazzini per lo stoccaggio di attrezzature del complesso termale.

Le quindici stanze situate a destra del corridoio presentano sul pavimento varie canalizzazioni e probabilmente servivano come sale da massaggio. 

Il livello superiore invece, era sicuramente zona di relax. Coperto per metà dal prolungamento della terrazza superiore, offriva frescura e panorama.

Risalendo gli ultimi gradini, si giunge di nuovo al criptoporticum che riporta all’uscita del Parco Archeologico.

Con la decadenza dell’Impero Romano, anche Baia seguì inevitabilmente la stessa sorte. Secolo dopo secolo subì alterne vicende, con ricostruzioni alle quali seguivano distruzioni, sia da parte degli invasori stranieri che dalla natura, come l’eruzione del 1538Ciò nonostante, Baia rimase sempre meta di viaggiatori illustri, i quali probabilmente, per qualche ora sognavano di rivivere l’antico splendore di un popolo che aveva dominato il mondo.

Oggi tocca a noi difendere questi luoghi, per tramandarli alle generazioni future.

Biagio Sol

* La presente guida è stata redatta a scopo didattico fondata su nozioni volutamente non approfondite per agevolare la visita e la lettura a chi si avvicina all'archeologia senza grande conoscenza. Se si desidera una esposizione più approfondita e particolareggiata in persona, è possibile richiedere una visita privata all'autore inviando una mail a bsol@ulixes.it