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MONASTERO DI S. GENNARO

I MARTIRI DI POZZUOLI

Siamo nel 305 d.C., le province dell'Impero sono scosse dal furore della caccia al cristiano, ordinata da Diocleziano per dare dello stato un'immagine di apparente forza, mentre le strutture amministrative e militari scricchiano, rose dal tarlo delle contraddizioni. I tempi sono maturi per l'ingresso trionfale del Cristianesimo nella società.

Gli alti funzionari di Roma, che sono preposti alle istituzioni puteolane e delle altre località flegree, sono tutti occhi e orecchi per scorgere ed (origliare) segnali, che possono venire dai seguaci della nuova religione.

A termine di un rito eucaristico, a Miseno viene arrestato il diacono Soss(i)o, che gode fama di santità. Egli è legato da fraterna amicizia con Procolo, diacono di Pozzuoli.

Caio Valerio Proculo freme, sapendo che il suo carissimo correligionario è rinchiuso nelle carceri puteolane, in attesa di un giudizio, che certamente si concluderà con la condanna ad bestias, da eseguirsi nell'arena dell'anfiteatro Flavio. Non esita un attimo - incurante dei pericoli - a prendere la decisione, che ha maturato in animo: coi laici suoi collaboratori Eutichete ed Acuzio cerca di contattare il levita misenese per fargli giungere parole di conforto.

Pozzuoli

Procolo è impressionato nel vederlo così debilitato un giorno, che riesce a visitarlo clandestinamente con la complicità di un carceriere cristiano. Soss(i)o porta i segni di pesanti percosse.

A cavallo, in compagnia dei suoi fedeli amici, si presenta al Governatore della Campania. Supplica e protesta: "Dovete liberare Soss(i)o! E' un cittadino romano, la sua famiglia vanta numerose benemerenze verso Roma!". Per tutta risposta, si vede ammanettato. Poi richiamano Marco Aurelio Eutichete e Sesto Acuzio Salutare, che erano in anticamera e vengono anch'essi messi ai ferri. Il 2 giugno i tre seguaci di Cristo sono nel carcere, dove già da qualche settimana è rinchiuso Soss(i)o. 

Sono ancora in carcere i diaconi Soss(i)o, Procolo e i laici Eutichete ed Acuzio quel 17 settembre, quando giungono a Pozzuoli il vescovo Gennaro, il diacono Desiderio e il lettore Festo, arrestati di nottetempo nella retata, organizzata dai servizi di sicurezza del nuovo Governatore Aulo Timoteo, succeduto a Gneo Draconzio Labieno.

Il vescovo di Benevento e i suoi collaboratori a Nola hanno riportato pure essi la condanna ad bestias e saranno gettati in arena insieme ai cristiani flegrei incarcerati, per essere sbranati dalle fiere, l'indomani.

Pozzuoli

Nell'Anfiteatro Flavio si ha il miracolo portentoso, che fa parte della tradizione religiosa della Chiesa campana. Le bestie si inginocchiano al cospetto dei sette confratelli di fede. Trasferiti al foro, seduta stante, il Magistrato giudicante li condanna alla decapitazione.

Sulla collina della Solfatara, dove l'acre odore dello zolfo richiama alla memoria i miti pagani di Efesto e dell'infernale Flegetonte, cantando il pater Noster, Gennaro, Proculo, Soss(i)o, Eutichete, Acuzio, Festo e Desiderio, uno ad uno, poggiano il capo sul cippo su cui si abbatte la mannaia del carnefice.

E' il 19 settembre del 305 d.C.

Gianni RACE "Pozzuoli: storia, tradizioni e immagini"

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